Jerzy Grotowski
è stato innanzitutto un Maestro. La sua lezione
è andata oltre il teatro come spettacolo, ma non
è consistita semplicemente nella trasmissione di
un sapere tecnico, poichè egli ha utilizzato il
sapere tecnico per tracciare un solco profondo
nella mente e nel cuore di ogni suo allievo.
La sua è stata
la lezione di un maestro. Non tanto nel senso a
noi noto del maestro d’arte di bottega, quanto
della guida, nella versione orientale del guru o
del Maestro Zen che accompagna l’allievo lungo
la strada della conoscenza e della formazione
spirituale e poi sparisce. Il Maestro, che alla
teoria astratta preferisce la pratica, la
concretezza dell’esercizio e della prova, che dà
compiti e non precetti, che sa trascendere e
filtrare gli aspetti soggettivi e personali
della relazione pedagogica, che comunica con il
silenzio e l’aforisma piuttosto che con la
ridondanza delle parole. Un Maestro non plagia
mai l’allievo, lascia che questo lo imiti,
perché sa che nell’imitazione c’è un
apprendimento non intellettuale, ma ad un certo
punto smette bruscamente di essere un modello e
indica all’allievo la strada dell’autonomia.
Un Maestro sa
quando è venuto il momento di lasciare l’allievo
e a quel punto non esita a farsi uccidere, ama
l’allievo ma non vuole possederne l’anima in
eterno.
Un Maestro,
qualunque mezzo adoperi, che sia la parola o
l’azione, usa sempre lo stesso metodo:
l’organicità del processo, nel quale ogni passo
successivo scaturisce organicamente dal
precedente senza forzature intellettuali, in una
catena di azioni-reazioni che richiama sempre il
fondo pulsionale di ogni uomo.
L’efficacia
persuasiva, senza violenza impositiva,
maieutica, dell’insegnamento di Grotowski si
incentrava sulla sua capacità di giocare sul
doppio registro dell’assenza/presenza.
Un Maestro è
davvero tale quando la sua lezione giunge
all’allievo oggettiva, spogliata della presenza
della sua fonte, cioè quando si realizza in
assenza. Grotowski nella seconda parte del suo
processo di ricerca e trasmissione è stato
perlopiù assente, delegava la guida
dell’esperienza ai suoi collaboratori più
stretti, rimaneva nel luogo dell’esperienza, ma
invisibile; i collaboratori gli riferivano
costantemente gli esiti del lavoro ed egli
ragionava con loro su come procedere.
Dimenticare se
stessi come attori, come testimoni di un’azione
altrui, come insegnanti, come ascoltatori, come
registi, come guide di un’esperienza, mettere se
stessi tra parentesi, assentarsi e gettarsi
nell’azione: è stato questo l’insegnamento di
Grotowski.
L’ego con la sua
presenza ingombrante è di ostacolo alla
comunicazione, impedisce l’ascolto dell’altro,
rende la ricerca di una verità nel discorso, o
di un’autenticità nell’azione una contesa,
allontanando di fatto la meta.
Le sue lezioni
così come del resto la direzione degli
spettacoli fino al 1970, come poi la guida delle
ricerche post teatrali, dal “Parateatro” a
“L’arte come veicolo”, funzionavano perché
l’io-Grotowski è sempre stato assente, cedendo
il suo posto ai compiti assegnati, agli sguardi,
ai silenzi, ai muti assensi dissensi.
Dimenticando se stesso il maestro spinge
l’allievo a fare lo stesso, per lasciare spazio
al cuore incandescente dell’esperienza.
Considero Jerzy Grotowski l’ultimo dei Maestri
nel senso sapienziale e nel senso strettamente
pragmatico del termine. In un’epoca relativista
come la nostra non c’è più spazio per un gesto
-a suo modo assoluto- di un Maestro che indica
una strada e la percorre come unica possibile. E
non nascono più allievi disposti ad ascoltare la
parola definitiva di un Maestro. Definitiva,
perché o la prendi alla lettera e vai avanti, o
ci giochi e alla fine la tradisci, e la
cancelli.
Forse, più che
una stella fissa Grotowski è stato una cometa,
ha indicato con la sua scia una strada nel cielo
e sulla terra. Ha visto una scala, come quella
di Giacobbe, tra la terra e il cielo. Se guardi
in alto vedi una costellazione che sono le sue
opere i suoi allievi, i suoi collaboratori, le
altre stelle che come lui hanno illuminato una
stagione teatrale, ma non vedi Grotowski. Egli è
passato e forse proprio come una cometa tornerà
a passare, o un altro come lui. Del resto non è
importante l’uomo, ma la sua opera, il suo
insegnamento e per chi lo volesse sono sempre
disponibili ancora oggi, riflessi dal cielo
sulla terra, sotto i nostri piedi.
ZEROSTELLE
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occupa di attualità, politica, società e... altro.
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